venerdì 24 maggio 2019

Ama la terra come te stesso - Assisi - trascrizione dell'intervento di Enrico Gagliano (non rivista dall'autore)

Abbiamo tre interventi, il primo è quello Enrico, che è venuto da Giulianova. 



****

E con molto piacere che sono qui, essendoci incrociati con No Tav in diverse tappe di un percorso che ci ha portato poi il 23 marzo a manifestare per il clima e contro le grandi opere a roma. E nel mentre che siamo qui, nell'aula 1 della facoltà della Sapienza, c'è in qualche modo un gruppo non allargato di attivisti che ragionano su cosa fare dopo, cioè perché nessuno immaginava, e ha mai pensato, che la manifestazione di Roma, che è avvenuta dopo quella del 15 di Friday for future, fosse un punto d'arrivo: ma neanche un punto di partenza: un punto di transito, ma come tutte le fasi anche questo momento così bello - uso proprio parola non a caso, oggi, qui.

Intanto ringrazio gli organizzatori per questa opportunità che ci viene data, per questo incontro tra noi, che spero possa portare a future iniziative. Non vi nascondo che ero venuto qui avendo buttato giù una scaletta di temi condivisi all'interno del coordinamento, che è una associazione che esiste dal 2013, e che si è fatto, come dire, promotore prima dei referendum (sei quesiti referenziali, e poi diventato uno soltanto sulle trivelle) però, l'intervento di chi mi ha preceduto, che ho trovato assolutamente toccante, perché andava probabilmente al cuore della questione di noi essere umani, senza utilizzare generi, in qualche modo mi induce a mantenere quella scaletta ma a rivisitarla, perché il titolo dell'intervento che mi ero in qualche modo segnato, sempre complicatissimo (che in realtà non lo è; appartiene più alle vostre corde che alle mie, di laico credente un po' raffreddato, con molti dubbi) è il necessario passaggio di una conversione sul piano spirituale, individuale, etico eccetera eccetera, a quella che viene definita (se ne parlava prima) una conversione del sistema economico, conversione ecologica, presuppone appunto che si faccia una scelta radicale, innanzitutto sul piano delle scelte individuali, ma ancora più di ciò che sta a monte delle scelte; è quindi chiaro che occorra una svolta radicale, che può venirci soltanto da quel senso di fiducia, di grazia, di positività che come persone che vivono e animano questo mondo abbiamo evidentemente smarrito.
Quindi se devo indicare probabilmente una causa, rifacendomi a chi mi ha preceduto, probabilmente il nervo scoperto è proprio lì, e se non agiamo su quel piano sarà difficile che possiamo attuare un cambiamento sul piano dei comportamenti individuali, nelle pratiche. O meglio, possiamo anche sperimentarle ma dureranno per il breve volgere di un anno, dopo di che scompariranno; non sedimenteranno, quindi non daranno nulla, non ci daranno nulla in termini di risultati permanenti e duraturi, nè tanto meno saremo in grado di fare l'altro salto.

Io ipotizzavo insieme agli amici, compagni del coordinamento, che un primo passo fosse questo, sul piano individuale (io mi spingo a dire appunto anche sul piano spirituale): abbiamo bisogno di liberarci da una schiavitù, che è la schiavitù delle cose, che è una schiavitù che ha colonizzato il nostro immaginario, dovremmo partire proprio da lì (è il primo passo),

Per poi passare all'altro passo, che forse è ancora più impegnativo, che ci induce di andare al di là della dimensione dell'io, che è quello degli altri, che è quello di accettare il confronto con gli altri, di riconoscere le differenze, di saperle valorizzare, di capire che noi ci definiamo soltanto in relazione a qualcun altro, e questo è invece a quanto pare è la moda oggi per altro è tutt'altro, è quello di voler ridurre l'altro, o addirittura annientarle, a farne qualcosa a nostra immagine e somiglianza; anzi annientarlo proprio. A non riconoscere dignità all'altro. Questo significa anche essere disposti a incontrare gli altri, andare incontro alla vita, un percorso di crescita interiore, ad aprirci ed entrare in relazione con gli altri. Questo passaggio dall'io al noi (parlo anche della realtà di movimento, non ho difficoltà a farlo, perché poi si sconta che sul piano del dialogo fra le diverse realtà e associazioni, oltre che sul piano interpersonale, noi questo salto ancora non l'abbiamo fatto, stiamo cercando di farlo, di darci una forma intanto di relazione, poi vedremo se sarà una forma organizzata o meno - questa è la grande scommessa che ci attende per il futuro) Dobbiamo in buona sostanza uscire da quello che oggi è questa sorta di arroccamento che ciascuno ha in una dimensione assolutamente privata, che sembra essere, che si cela di un vestito che è fatto di arroganza, di violenza, di supponenza, di saccenza, e che è in realtà sintomo di debolezza, di egoismo, che è motivo d'ansia e depressione, paura e pessimismo, su cui poi qualcuno soffia sopra per cavalcare le paure, mentre noi avremmo bisogno esattamente del contrario, di riscoprire quel senso di fiducia di positività che la vita ci offre, perché nessuno di noi ha il diritto di essere felici, però la vita in sè è qualcosa che merita di essere vissuto.

Terzo passo. Una volta che ci siamo incontrati con l'altro e abbiamo riconosciuto che forse per noi è motivo di definizione di quello che noi siamo, e che forse qualcosa assieme possiamo fare, condividendole, è quello di trovare un metodo per stare tutti assieme. E da questo punto di vista, anche qui, credo che ci sia un ritardo, ci sia molto da fare, perché senza metodi (mi rifaccio a quelle che possono essere determinate pratiche all'interno del nostro movimento) si rischia di disincentivare la partecipazione, perché ciascuno di noi ha necessità di sentirsi protagonista di un percorso che ci riguarda tutti, e c'è necessità che questo percorso veda la maturazione di tutti, non dico in eguale misura, che tutti quanti convergiamo verso lo stesso obiettivo. Ciascuno di noi è esperto in tutto - cioè noi siamo esperti NO TRIV, qualcun altro in mobilità, qualcun altro in materia d'energia, inceneritori, di lavoro, economia, e chi più ne ha più ne metta - ma un percorso collettivo ancora lo dobbiamo elaborare, e questa è sicuramente la sfida più impegnativa che ci attende. Purtroppo non abbiamo molto tempo. Mentre un tempo si poteva parlare di lavori di semina, di coltivare le coscienze, di informare, di divulgare... bene, tutte cose assolutamente utili, ma non abbiamo una prospettiva di medio periodo, questo ce lo ha detto il PANEL dell'ONU, ce lo dicono gli scienziati, la comunità internazionale... abbiamo 10 anni, probabilmente, per evitare quella che ormai è, a detta di tutti (99% degli scienziati), una possibile catastrofe. E di uno stress climatico nel quale le specie viventi non sono abituate. Oggi resistiamo a concentrazioni di CO2 in atmosfera pari a quelle in cui c'erano i dinosauri, ma noi i dinosauri non li abbiamo mai incontrati. Quindi non abbiamo molto tempo, e dobbiamo necessariamente agire; dobbiamo farlo su una scala locale, e dobbiamo farlo su una cala globale. Perché noi possiamo anche vincere una singola vertenza, possiamo anche vincere una singola battaglia, con molta difficoltà; avremo sicuramente poi enormi difficoltà a conservare quel risultato (noi che ci siamo occupati del referendum su trivelle, per esempio laddove dove siamo riusciti con dovute pressioni sul governo Renzi a reintrodurre un istituto importante, che è quello dell'intesa Stato-Regioni in senso forte, poi ci siamo accorti 8/9 mesi dopo che alla chetichella in qualche modo quella che era stata una norma inserita nella finanziaria 2015 era di colpo sparita, infilata con un comma all'interna di un disegno di riforma più ampio e riguardava la semplificazioni e l'abolizione del corpo forestale dello stato eccetera eccetera). Ma se anche noi dovessimo riuscire a raggiungere un risultato (e mi auguro che con TAV, ISMET e con altre grandi opere impattanti questo si raggiunga) noi abbiamo un grosso problema che va al di là, è ovvio, dei nostri confini nazionali: abbiamo la dimensione transnazionale di questi temi. Lo stress climatico comunque è qualcosa che va ad avere un impatto globale e che va soprattutto a ampliare quello che è la forbice esistente tra i tanti Nord e i tanti Sud di questo mondo.
Non possiamo egoisticamente pensare di risolvere le cose riversando esternalità negative, e quindi tutti i costi in termini umani, di vite, sociali, economici, ambientali, su comunità che sono più deboli. Noi siamo debitori fortemente nei confronti dei paesi che versano in questo momento in situazioni di grande difficoltà, e dobbiamo fare anche un altro tipo di sforzo, che tende in qualche modo a colmare questi divari, ma che tende anche a ricostruire quel patto fra le generazioni che è saltato: un tempo per la cultura contadina voleva che se il contadino avesse piantato un albero oggi, lo avrebbe fatto per il nipote o per il figlio. Questo tipo di approccio (che è un po' un approccio alla vita) è saltato completamente. Sarà anche che forse nei paesi occidentali più industrializzati si è alzata enormemente l'età media per cui normalmente società di questo tipo improntano politiche più improntata alla conservazione che a scelte su lungo periodo, che abbiano anche rispetto per i diritti delle generazioni future. Sarà anche così, però, ecco, questo determina il tema della preservazione dei diritti di chi già oggi e su questo pianeta (parlo dei più giovani) è un tema ampiamente sottovalutato.

I ragazzi del 15 marzo questo l'hanno capito. L'avranno capito anche in modo epidermico, il loro grado di elaborazione sarà forse ancora allo stato embrionale, probabilmente quest'onda arriva come riflesso di una maturazione che si è compiuta più nel nord Europa che nel nostro paese, ma i giovani del 15 marzo, ragazze e ragazzi, hanno dimostrato intanto di aver preso coscienza di un problema che abbiamo oggi che non è nel futuro, e quegli stessi ragazzi il 23 erano accanto agli adulti per manifestare per il clima, e quindi per un cambio, come si suol dire, di paradigma, per un sistema che oggi è violento e devastante.


 Salto tutta una serie di altre considerazioni e vengo al dunque, perché noi siamo arrivati (parlo di NO TRIV) con una grande aspettativa rispetto all'incontro di oggi (con questo non intendo, come dire, mettere un carico di ansia -abbiamo provato ansia sinora), però questo è un luogo molto speciale, essendo questa la terra di Francesco, è molto particolare... noi chiediamo ("chiedete e vi sarà dato", noi ci proviamo) a tutte le Chiese qui presenti e non presenti, quello di accompagnare questo percorso che i movimenti stanno cercando di fare, e di accompagnarlo lungo i territori che in questi anni hanno in Italia particolarmente patito gli effetti di questo modello, di questo sistema economico, mettendo a rischio, e facendo precipitare nel caos intere aree del paese; parto da sud per citare Gela poi mi sposto più a Nord e arrivo a Crotone, poi andiamo un po' più a Nord e arriviamo in Puglia, e via via andando verso nord lungo lo stivale troveremo crisi, dove la crisi sociale e ambientale si accompagnano, anzi abbiamo sentito prima che sono praticamente la stessa cosa, sebbene diciamo la seconda sia ricompresa nell'ottica della prima. Vuole essere questa una sorta di restituzione morale per i danni, per le violenze subite da quei territori, che hanno pagato un forte tributo in termini di vita, e continuano a pagarlo giorno per giorno (non sto qui a citare i vari casi perché sono abbastanza noti) e pensare a un tour (chiamiamolo tour che fa pensare più ad un giro turistico, pensate invece ad una carovana) in queste aree e e eventualmente concludersi qui fra un anno per fare il bilancio di questa esperienza fatta insieme, di conoscenza delle singole realtà territoriali.

Proprio qui ad Assisi, perché Assisi è un luogo speciale, perché qui si svolge la marcia per la pace, perché questa è la terra di Francesco, perché qui i vari credo religiosi, laici, credenti e non credenti, si sentono accolti, come ha detto il sindaco.
Su un piano più transnazionale, planetario, noi immaginiamo -- stiamo gettando proprio il cuore oltre l'ostacolo -- proprio perché la sfida ci viene da un sistema che non conosce confini, cioè, i confini esistono solo per i migranti ma non esistono per gli idrocarburi, non esistono per i capitali... esistono per i diritti, non esistono per altro. Pensiamo che in qualche modo un'azione congiunta su base transnazionale in qualche modo vada tentata, per cui se pensiamo di dare dobbiamo pensare al mondo intero.
Allora, è possibile, partendo da qualcosa che già esiste, creare comunque una comune base conoscitiva? Ne parlavo a Roma con Eugenio, non ero a conoscenza che esiste una sorta di mappatura dei conflitti sociali e ambientali esistenti nelle varie aree del mondo. Non credo siano tutti censiti quei conflitti, però avere una comune base informativa, su cui tutti possiamo confrontarci, potrebbe essere importante; sapere le aree di maggiore criticità. È possibile darci tutto il tempo necessario che le varie realtà qui presenti, anche non presenti, del mondo cattolico ma non solo cattolico, possano pensare ad un osservatorio, a un blog, uno strumento di comunicazione che sia però efficace, che si possa creare una rete mondiale solidale per la giustizia climatica e per la riconversione ecologica? Forse è chiedere troppo, me ne rendo conto, ma se non lo facciamo qui, ad Assisi, immagino che non avremo il modo di poterlo fare in nessun altro posto del mondo, probabilmente.

Mi fermo semplicemente qui, anche perché mi sembra superfluo dire altro che non sia già stato detto o che comunque ho ritrovato in quello che avevo scritto. Quindi bellissimo questo momento di incontro, di riscoperta, di grande empatia, l'aver scoperto che abbiamo molte cose in comune... da parte nostra è un invito a venir fuori con qualcosa che può essere questo tour italiano (che va preparato ovviamente; nessuno vuole dire come sarà articolato, gli aspetti organizzativi), e poi su scala più ampia, se possibile appunto usare quello strumento che già esiste, mappare i conflitti ambientali se possibile fra le varie Chiese e le nostre associazioni di volontariato, poter fare delle azioni comuni, perché abbiamo bisogno di esercitare una pressione comune sui potenti della terra. Noi possiamo, ripeto, pensare a livello nazionale di poter eventualmente incardinare le politiche nazionali, rispetto al raggiungimento del target - per esempio - climatici, per quanto blandi, presenti in COP21 piuttosto che nella Road map dell'unione europea. Però è chiaro che se vengono ratificati e approvati dei trattati commerciali di libero scambio, in cui quei target vengono di fatto sconfessati, cioè non esistono, per cui deve prevalere la logica del libero scambio su tutto il resto, sulle persone, e su rispetto della vita sul pianeta, è ovvio che noi delle singole battaglie nazionali non ci faremo più niente, perché attraverso i sistemi degli arbitrati nazionali tutto ciò che avremo costruito nel frattempo sarà smantellato, quindi proprio in virtù di questo io chiedo che avremmo necessità di una rete di protezione solidale per la giustizia climatica, per la riconversione, che agisca in ambito transnazionale planetario.

Io vi ringrazio per la vostra pazienza. Il nostro onore più grande è poterci rivedere e poi poter lavorare insieme su queste cose. 




.


Nessun commento:

Posta un commento