lunedì 23 marzo 2020

UNA QUARESIMA DIFFICILE 
LA LETTERA DEL GRUPPO CATTOLICI PER LA VITA DELLA VALLE 



Lettera indirizzata al direttore del settimanale diocesano "La Valsusa", don Ettore De Faveri, 
dal Gruppo Cattolici per la Vita della Valle

Caro don Ettore,
quest’anno il tempo di Quaresima attraversa giornate sconosciute a tutti: dobbiamo rallentare il nostro ritmo di vita quotidiana, fermarci in casa, modificare programmi, e così anche noi abbiamo annullato l’appuntamento della Via Crucis meditata in Val Clarea. Vorremmo in qualche modo rimediarvi proponendo una meditazione da affiancare alle altre, doverose riflessioni che siamo obbligati a fare in questi giorni di sosta forzata, attuale crocevia dentro la storia moderna.

Per il Magistero della Chiesa è definitivamente superata la tesi di S. Anselmo secondo cui la crocifissione di Cristo sarebbe stata una riparazione necessaria richiesta dal Padre offeso per il peccato degli esseri umani. Il Dio che ci presenta Gesù nei Vangeli, infatti, non è un dio dominatore, non è il dio dei filosofi, un dio giudice che premia e che castiga, ma al contrario, è un Dio che non richiede sacrifici o mortificazione, non parla di colpa ma di misericordia.

Potremmo dire che la conversione a cui ci chiama Gesù è quella di cambiare la nostra idea di Dio.

Gesù è venuto a dirci che Dio non è per degli eletti, per un gruppo di credenti o per un popolo, ma è per tutta l’umanità, e il suo linguaggio è comprensibile da tutti perché non è un’ideologia e non è neppure una religione: è il linguaggio del dono di sé, della condivisione, del bene dell’altro come obiettivo principale della propria vita. Il linguaggio dell’amore è universale e l’amore non può essere imposto ma solo proposto, per questo motivo nel messaggio di Gesù è assente qualsiasi forma di violenza e d’imposizione.

Da Gesù dovremmo aver imparato che tanto più si è umani tanto più si è divini, che la nostra terra promessa è l’alterità, la terra dell’umanità. Non a caso Gesù quando parla di sé dice figlio dell’uomo.

Sappiamo che l’esperienza di Mosè nel deserto fu fallimentare: tutti quelli che uscirono dall'Egitto morirono nel deserto. L’esodo di Gesù non è verso una terra fisica, ma verso quella terra che è la libertà interiore della persona, la sua coscienza, “santuario non costruito da mani di uomo ma presenza eterna di Dio”, e l’individuo che è capace di entrare in quella terra non sarà più sottomesso a nessuno.

Gesù è venuto per aprirci gli occhi, per questo è stato crocifisso. Lui ci teneva che ogni persona imparasse a manifestarsi in piena autonomia e non ha mai voluto essere il re di nessuno (quel titolo glielo metterà Pilato sulla croce). Dalla lettura della Passione sappiamo che ha affrontato coscientemente il verdetto, è stato determinato nel proseguire il cammino intrapreso, è stata la sua coerenza che lo ha condotto alla croce. Accettare la logica della croce significa riconoscere che la forza sta nella debolezza.

Questi pensieri ci riportano alla mente la scelta, ormai nota, di Nicoletta Dosio. Lei ha accettato di varcare la soglia del carcere (nonostante gli amichevoli tentativi dissuasivi) come forma di protesta nonviolenta, ma soprattutto per coerenza ai suoi ideali. E da dentro quel mondo sconosciuto ai più, ci segnala l’aberrazione di un disumano modello punitivo che colpisce soprattutto gli ultimi. Il 7 marzo scrive “… mi mancano il paese, gli amici, la mia casa e i miei animali…tuttavia, anche qui sono serena, convinta di aver fatto la scelta giusta, almeno per la mia coscienza”. Il 16 marzo scrive: “..sta per iniziare un’ordinaria settimana di coronavirus. Per chi è in carcere sono giorni più pesanti che mai. Cresce l’impressione di sentirsi in trappola, costretti ad aspettare immobili un male che, da un momento all'altro, ci può saltare addosso…si vive in una specie di polveriera, che deflagrerà al primo colpito dal morbo. La speranza di tutti è un qualche provvedimento che permetta la scarcerazione…”

Esistono ancora i profeti? Si, esistono, forse non indossano più pelli di cammello ma possiedono un identikit inconfondibile: sono coloro che annunciano con la propria testimonianza un mondo di verità, libertà e fratellanza senza compromessi e senza confini (etnici, religiosi, geografici, culturali…), sono coloro che si oppongono alla menzogna, alla corruzione, allo sfruttamento, alla tirannia. La profezia non è un carisma di élite: chiunque può essere profeta e spesso sono coloro che pagano il prezzo più alto, fino a versare il proprio sangue per una giusta causa.

Se si considera il sovraffollamento delle carceri e la pandemia in corso è più che mai doveroso che il governo adotti forme di indulto o amnistia per i detenuti con condanne lievi e a fine pena. Ci uniamo a quanti chiedono che Nicoletta torni a casa libera! Lo richiedono la verità della sua vita e la bontà delle sua azioni compiute a favore della sua valle e dei più deboli.

Concludiamo queste riflessioni di Quaresima-quarantena ricordando che il Vangelo ci insegna a non avere paura delle contraddizioni perché da lì passa la possibilità di futuro: la gioia del banchetto è sempre alla fine del percorso. I Vangeli infatti sono scritti a partire dall'esperienza di Pasqua, tutto ciò che esiste avrà un compimento positivo.

Gruppo Cattolici per la Vita della Valle
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