C'era
una pallida luna venerdì sera ad illuminare i passi di chi si è
messo in cammino, sulle
orme dei pellegrini che sin dal Medioevo scendevano in Terra Santa
lungo la Via Francigena, per partecipare alla Via Crucis proposta dal gruppo Cattolici per la Vita della Valle.
E'
stato scelto di trascurare il carattere strettamente devozionale di
alcune stazioni tradizionali e di dare maggiore spazio ad uno schema
biblico che ha visto la lettura dei capitoli 18 e 19 del Vangelo di
Giovanni e dei commenti del biblista Alberto Maggi (OSM) estratti
dal suo libro “Il mandante”.
Secondo
il biblista i due capitoli sulla Passione del Cristo sono la denuncia
più forte presente nei Vangeli contro l'istituzione religiosa che,
anziché porsi al servizio di Dio, ha usato Dio per i propri
interessi.
Due
fiaccole in testa alla processione illuminavano il legno bianco di
betulla della croce, un'ora e mezza di cammino a tappe, dalla
cappella di S. Giovanni di Giaglione al “campo della Memoria” che
sovrasta il cantiere TAV in Val Clarea. Ogni
parola ascoltata in quella terra ferita avvicinava in forma nuova al
racconto della Passione. In quella zona di conflitto le guardie non
erano figuranti di una sacra rappresentazione, ma soldati veri che
osservavano stupiti e, forse, imbarazzati, da dietro le reti con filo
spinato.
La Passione narrata nei Vangeli è l'intreccio di molte storie individuali fondate sugli interessi e convenienze personali che concorrono al tragico epilogo: le istituzioni politiche, religiose e militari che solitamente si detestavano e disprezzavano ora si coalizzano contro l'identico pericolo.
Maggi
riflettendo sull'immagine che si aveva di un dio giudice che premia e
che castiga, presenta Gesù come colui che è venuto ad annullare
l'abissale distanza tra Dio e gli uomini, creata dalla religione, e a
testimoniare che l'amore
di Dio non è
attratto dai meriti delle persone, ma dai loro bisogni.
Tempio, Legge, culto, sacerdozio non sono istituzioni corrotte da
risanare, ma superate perchè la relazione tra il Padre e i figli è
immediata e non ha bisogno di intermediari.
Il Vangelo presenta un Gesù padrone di sé: non risponde all'odio con la violenza, come vorrebbe Pietro; dona dei gesti d'amore a Giuda; invita la guardia a ragionare per cercare di fargli recuperare la sua autonomia di pensiero e con questa la sua umanità; non mostra alcun atteggiamento ossequioso verso la suprema autorità religiosa; alla domanda di Pilato “che cosa hai fatto?” risponde che il regno di Dio non si fonda sul potere, non esercita dominio, non usa alcun tipo di violenza e non ha servi. Il potere, al contrario, per difendersi usa le sole armi che gli sono congeniali: menzogna e violenza.
Gesù,
dal
momento in cui il Sinedrio aveva deciso la sua eliminazione, si
era dato più volte alla clandestinità, ma questa volta non si da
alla fuga e affronta coscientemente il verdetto, è
più che mai deciso a proseguire nel cammino intrapreso, è la sua
coerenza che lo porta alla croce. Dio non da croci.
Chi non vuole essere perseguitato deve rinunciare alla pienezza della libertà, e rassegnarsi a vivere regolato dalle leggi e non più animato dallo Spirito. Ma nella persecuzione c’è una grande certezza: Dio starà sempre dalla parte dei perseguitati e mai da quella di chi perseguita, anche se pretende farlo in nome suo.
La Via Crucis terminava al campo della Memoria per ricordare che da secoli i cristiani hanno ripercorso le stesse tappe nelle chiese e nelle strade, lo stesso itinerario proteso verso il colle della crocifissione, ma con lo sguardo rivolto alla luce pasquale.
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