"Gesù è più forte della camorra"
(Rizzoli edizione)
sottochiesa di CONDOVE ore 21
in collaborazione con i Cattolici per la vita della Valle
Gabriella Tittonel giornalista e gruppo Cattolici per la vita della valle
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“Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la
denuncia e richiama il progetto originario di Dio”
(Ezechiele 3,16-18)
Pochi preti in Italia hanno fatto proprio questo passo della Bibbia. Uomini – come don Puglisi e don Diana – che sentivano nel loro essere preti la responsabilità di contrastare la violenza e la prepotenza delle mafie. Lo stesso impegno che ha fatto di don Aniello Manganiello una sentinella di Scampia.
In una recente intervista Don Aniello ha affermato che “oggi la Chiesa ha perso la sua vocazione ad essere sale, luce, ad impegnarsi per la giustizia. Il clero si è assuefatto ad una mediocrità scandalosa” e si chiede “perché non segua l’esempio di uomini come don Puglisi, don Diana e Oscar Romero”. Nel libro accusa la Chiesa napoletana “di essere molto più sensibile agli equilibri di potere, ai rapporti istituzionali di vertice, alle relazioni diplomatiche con politici spesso compromessi con poteri oscuri che alla vicinanza effettiva con la gente”.
Ci sono due modi di intendere la missione apostolica in un territorio difficile come Scampia: uno è chinare la testa, non esporsi, parlare solo se interrogati; l’altro è quello del padre guanelliano D. Aniello Manganiello. Consiste nel vivere fianco a fianco con gli abitanti del quartiere e condividere i problemi, spostandosi sempre a piedi perché “in macchina non puoi verificare se il tuo passo è cadenzato su quello dei ragazzi”.
“Gesù è più forte della camorra” è il diario in prima linea dei sedici anni napoletani di D. Aniello, ma è anche un richiamo forte a chi propone parole nobili – legalità, moralità, nonviolenza – eppure si tiene lontano dalla realtà del quartiere.
Una testimonianza necessaria per capire cosa significa nascere, vivere e morire a Scampia.
Un anno fa, nonostante le raccolte firme, le fiaccolate e le petizioni di duemila fedeli, il prete anticamorra don Aniello Manganiello è stato trasferito da Scampia al quartiere Trionfale di Roma, ufficialmente per “motivi di avvicendamento”. Ma tutti pensano che la causa del trasferimento sia un’altra. Don Aniello non ha paura di alzare la voce contro la camorra: “I boss sostengono le famiglie, pagano perfino le cure odontoiatriche e oculistiche. Quando le donne aggrediscono polizia e carabinieri durante un blitz lo fanno […] anche perché il clan è una sorta di società per azioni che fornisce di che vivere”.
Esce in questi giorni "Gesù è più forte della camorra" (Rizzoli, 240 pagine, 17 euro) il libro che don Aniello ha scritto con Andrea Manzi, i cui proventi andranno in beneficenza al Centro Don Guanella di Napoli (Scampia, Miano) e alle famiglie indigenti. Il libro racconta i sedici anni che l’ex scomodo parroco della chiesa di S. Maria della Provvidenza ha trascorso a Scampia tra lotta e misericordia. Don Aniello non usa mezzi termini e parla con la forza dei fatti e con il sorriso che l’ha sempre contraddistinto.
Il prete ha denunciato piazze di spaccio e ha strappato al “sistema” tantissimi giovani, rifiutandosi di dare la comunione ai camorristi e di battezzare i loro figli. Una presa di posizione che gli è costata le minacce della camorra. Dopo il clamore suscitato dal suo trasferimento, si è preso un anno sabbatico ed è tornato a casa per riflettere. Ammette di essere “stanco dei tanti attacchi” di chi lo“accusa di aver cercato la fama e il successo attraverso i media, affermando che le minacce sarebbero solo delle invenzioni”.
Il prete di frontiera convinto che la legalità dovrebbe essere il presupposto di ogni ideologia politica non ha mai nascosto le sue simpatie: “Per la destra, delle quali non mi sono mai vergognato”, e la sua amicizia con il presidente della camera Gianfranco Fini che più volte l’ha difeso dagli attacchi del sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino.
Nel libro definisce la sua una anticamorra “delle opere, del contagio dell’esempio, dell’intervento concreto; un’anticamorra discreta che ha più effetto però di una grande campagna mediatica, perché nel suo Dna c’è il potere seduttivo della verità. Perciò, per risultare credibile, la lotta alle mafie non può essere un lavoro ma deve essere una missione, un’opera generosa e gratuita”.
Non manca un capitolo dedicato a Roberto Saviano. Don Aniello – che ha apprezzato il valore civico del libro Gomorra, ma ha condannato la sua rappresentazione cinematografica perché a suo dire non lascia speranza – invita lo scrittore a venire nel quartiere più tristemente conosciuto d’Italia. Gli dice che “che non basta la denuncia, ma che occorre lottare per offrire nuove condizioni di vita, bonificare vaste aree, creare posti di lavoro, offrire alternative, diffondere la cultura, magari tenendo aperte le scuole fino alla sera”. Chissà, forse l’appello dovrebbe essere rivolto ai politici più che agli scrittori. Nel libro don Aniello Manganiello non fa sconti a nessuno e neanche a se stesso. “Sai cosa mi dico ogni giorno? “Domani un nuovo rimorso mi spingerà sulla strada” è una frase di padre David Maria Turoldo che mi ripeto continuamente per non sentirmi mai appagato del bene fatto”.
(fonte in parte di Daniele Sanzone - Il Fatto Quotidiano | 7 maggio 2011)
Presenti Oliviero Alotto presidente Terra del Fuoco
Gabriella Tittonel giornalista e gruppo Cattolici per la vita della valle
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alla fine le foto della serata di Dario Prodan
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“Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la
denuncia e richiama il progetto originario di Dio”
(Ezechiele 3,16-18)
Pochi preti in Italia hanno fatto proprio questo passo della Bibbia. Uomini – come don Puglisi e don Diana – che sentivano nel loro essere preti la responsabilità di contrastare la violenza e la prepotenza delle mafie. Lo stesso impegno che ha fatto di don Aniello Manganiello una sentinella di Scampia.
In una recente intervista Don Aniello ha affermato che “oggi la Chiesa ha perso la sua vocazione ad essere sale, luce, ad impegnarsi per la giustizia. Il clero si è assuefatto ad una mediocrità scandalosa” e si chiede “perché non segua l’esempio di uomini come don Puglisi, don Diana e Oscar Romero”. Nel libro accusa la Chiesa napoletana “di essere molto più sensibile agli equilibri di potere, ai rapporti istituzionali di vertice, alle relazioni diplomatiche con politici spesso compromessi con poteri oscuri che alla vicinanza effettiva con la gente”.
Ci sono due modi di intendere la missione apostolica in un territorio difficile come Scampia: uno è chinare la testa, non esporsi, parlare solo se interrogati; l’altro è quello del padre guanelliano D. Aniello Manganiello. Consiste nel vivere fianco a fianco con gli abitanti del quartiere e condividere i problemi, spostandosi sempre a piedi perché “in macchina non puoi verificare se il tuo passo è cadenzato su quello dei ragazzi”.
“Gesù è più forte della camorra” è il diario in prima linea dei sedici anni napoletani di D. Aniello, ma è anche un richiamo forte a chi propone parole nobili – legalità, moralità, nonviolenza – eppure si tiene lontano dalla realtà del quartiere.
Una testimonianza necessaria per capire cosa significa nascere, vivere e morire a Scampia.
Un anno fa, nonostante le raccolte firme, le fiaccolate e le petizioni di duemila fedeli, il prete anticamorra don Aniello Manganiello è stato trasferito da Scampia al quartiere Trionfale di Roma, ufficialmente per “motivi di avvicendamento”. Ma tutti pensano che la causa del trasferimento sia un’altra. Don Aniello non ha paura di alzare la voce contro la camorra: “I boss sostengono le famiglie, pagano perfino le cure odontoiatriche e oculistiche. Quando le donne aggrediscono polizia e carabinieri durante un blitz lo fanno […] anche perché il clan è una sorta di società per azioni che fornisce di che vivere”.
Esce in questi giorni "Gesù è più forte della camorra" (Rizzoli, 240 pagine, 17 euro) il libro che don Aniello ha scritto con Andrea Manzi, i cui proventi andranno in beneficenza al Centro Don Guanella di Napoli (Scampia, Miano) e alle famiglie indigenti. Il libro racconta i sedici anni che l’ex scomodo parroco della chiesa di S. Maria della Provvidenza ha trascorso a Scampia tra lotta e misericordia. Don Aniello non usa mezzi termini e parla con la forza dei fatti e con il sorriso che l’ha sempre contraddistinto.
Il prete ha denunciato piazze di spaccio e ha strappato al “sistema” tantissimi giovani, rifiutandosi di dare la comunione ai camorristi e di battezzare i loro figli. Una presa di posizione che gli è costata le minacce della camorra. Dopo il clamore suscitato dal suo trasferimento, si è preso un anno sabbatico ed è tornato a casa per riflettere. Ammette di essere “stanco dei tanti attacchi” di chi lo“accusa di aver cercato la fama e il successo attraverso i media, affermando che le minacce sarebbero solo delle invenzioni”.
Il prete di frontiera convinto che la legalità dovrebbe essere il presupposto di ogni ideologia politica non ha mai nascosto le sue simpatie: “Per la destra, delle quali non mi sono mai vergognato”, e la sua amicizia con il presidente della camera Gianfranco Fini che più volte l’ha difeso dagli attacchi del sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino.
Nel libro definisce la sua una anticamorra “delle opere, del contagio dell’esempio, dell’intervento concreto; un’anticamorra discreta che ha più effetto però di una grande campagna mediatica, perché nel suo Dna c’è il potere seduttivo della verità. Perciò, per risultare credibile, la lotta alle mafie non può essere un lavoro ma deve essere una missione, un’opera generosa e gratuita”.
Non manca un capitolo dedicato a Roberto Saviano. Don Aniello – che ha apprezzato il valore civico del libro Gomorra, ma ha condannato la sua rappresentazione cinematografica perché a suo dire non lascia speranza – invita lo scrittore a venire nel quartiere più tristemente conosciuto d’Italia. Gli dice che “che non basta la denuncia, ma che occorre lottare per offrire nuove condizioni di vita, bonificare vaste aree, creare posti di lavoro, offrire alternative, diffondere la cultura, magari tenendo aperte le scuole fino alla sera”. Chissà, forse l’appello dovrebbe essere rivolto ai politici più che agli scrittori. Nel libro don Aniello Manganiello non fa sconti a nessuno e neanche a se stesso. “Sai cosa mi dico ogni giorno? “Domani un nuovo rimorso mi spingerà sulla strada” è una frase di padre David Maria Turoldo che mi ripeto continuamente per non sentirmi mai appagato del bene fatto”.
(fonte in parte di Daniele Sanzone - Il Fatto Quotidiano | 7 maggio 2011)
Presenti Oliviero Alotto presidente Terra del Fuoco
Gabriella Tittonel giornalista e gruppo Cattolici per la vita della valle
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alla fine le foto della serata di Dario Prodan
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